non dire “non ho tempo”


Non dire: «non ho tempo»
quando senti pronunciare il tuo nome.
Non dire: «non ho tempo»
a una mano tesa, a uno sguardo che implora
potresti essere anche tu.
Non dire: «non ho tempo»
a una vita infranta sullo scoglio dell’indifferenza.
Non dire: «non ho tempo»
quando ascolti cantare la pace
e ti si chiede in prestito la voce, l’impegno.
Non dire: «non ho tempo»
quando c’è un pianto da asciugare
un dolore da condividere e la giustizia per cui morire.
Non dire: «non ho tempo»
quando bussa il sole alla finestra per dirti: vieni fuori!
e la pioggia ti chiede di danzare con un folle.
Non dire: «non ho tempo»
quando ti chiedo di restarmi accanto
di ascoltarmi senza darmi soluzioni a tutti i costi
e istruirmi non da maestro ma da fratello.
Non dire: «non ho tempo»
perché il tempo non ti appartiene.
Non dire: «non ho tempo»
altrimenti che ne sarà del tuo tempo?
Non dire: «non ho tempo»
perché avrai perso il tuo tempo.
Non dire: «non ho tempo»
perché avrai l’eternità in dono.
Non dire: «non ho tempo»
non dire…, non dirlo mai!
(Pasquale Brizzi)

bellissima….un canto contro l’indifferenza che uccide il nostro mondo.
un bacio da me a voi.
smack

Giochiamo a “ieri”

Giochiamo a “ieri” –
Io, la fanciulla a scuola –
Tu – e l’eternità –
la favola mai raccontata.

Il dizionario saziò la mia fame –
I logaritmi –
vino assai secco –
la sete –

Eppure non dev’essere proprio così:
i sogni colorano il sonno
e l’accortezza dei rossi, il mattino,
s’insinua e scuote la persiana –

La vita era ancora in embrione
scaldavo il mio guscio
quando tu sconvolgesti l’ellisse
e l’uccello, così, è caduto.

Sbiadisce l’immagine delle manette,
– dicono – agli occhi di chi è da poco libero –
Nulla per me è più familiare
della libertà –

Il sonno – la notte –
mio ultimo atto di riconoscenza –
La luce che entrava – il mattino –
il primo miracolo.

Sarà dato all’allodola di rientrare nel guscio
e volare, più leggera, nel cielo?
Non saranno le catene di oggi
più dolorose di quelle di ieri?

Sulla pelle di chi,
assaporata da poco la libertà,
è di nuovo dannato, non sarà
più profondo, il peso delle inferriate?

Dio dei ceppi,
Dio dei liberi –
Non mi sottrarre
la mia libertà.

(1863) Emily Dickinson

come potrebbe esistere una vita senza poesia? che sapore avrebbe? di che colori sarebbe vestita? …….no……Calliope non interrompere il tuo lavoro…. senza poesia un uomo è come un ramo secco

“il colore del grano”

tratto da “Il piccolo principe” scritto da Antoine de Saint-Exupéry

“…in quel momento apparve la volpe: “Buon giorno”. “Buon giorno” disse gentilmente il piccolo
principe voltandosi: ma non vide nessuno. “Sono qui”, disse la voce, “…sotto il melo”. “Chi sei?”
chiese il piccolo principe, “Sono una volpe”, disse la volpe.
“Vieni a giocare con me?”, le propose il piccolo principe “sono così triste…”. “Non posso giocare con te”, disse la volpe, “non sono addomesticata”. “Ah, scusa!”, fece il piccolo principe. “Che
cosa vuol dire addomesticare?”
“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami”. “Creare di legami?”. “Certo”,
disse la volpe, “tu, fino ad ora, per me non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me
unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. (…) Se tu mi addomestichi la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana come una musica. E poi guarda!
Vedi laggiù in fondo dei campi di grano? Io non mangio il pane, e per me il grano è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai i capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano che è dorato, mi farà pensare a te. E
amerò il rumore del vento nel grano…”
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: “Per favore … addomesticami”, disse.
“Volentieri, che bisogna fare?”, domandò il piccolo principe. “Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno
tu potrai sederti un po’ più vicino…”.
Il piccolo principe ritornò l’indomani. “Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe. “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincio ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non
saprò mai a che ora prepararmi il cuore… ci vogliono i riti”. “Che cos’è un rito?”, disse il piccolo principe. “Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe.”E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore” (…)
Così il piccolo principe addomesticò la volpe … E quando l’ora della partenza del piccolo principe fu vicina:
“Ah!”, disse la volpe, “… piangerò”.

“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti
addomesticassi e che diventassimo amici…”.

“E’ vero”, disse la volpe.

“Ma sapevi che avresti pianto!”, disse il piccolo principe.

“Certo”, disse la volpe.

“Ma allora che ci guadagni?”

“Ci guadagno”, disse la volpe, “il colore del grano”.

Io ….sapevo che avrei pianto…ma con te ho guadagnato molto più che il colore del grano…sono diventata qualcosa degno di definirsi essere umano, hai preso il mio cuore e l’hai fatto diventare immenso…con il dolore, la gioia, ……

Riferimenti: amare vuol dire lasciar liberi di fare.